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L'Ansonaco- Il Vino Tipico

La Storia

Quella del vino, al Giglio, al contrario di quanto possa sembrare, è una questione antica. Prima che arrivasse il turismo, prima che arrivassero miniera di pirite e cave di granito, prima, ancora prima, che le coste del mediterraneo fossero liberate dalle incursioni dei pirati saraceni, tutta l’economia gigliese si basava sull’agricoltura, ed in primis sulla coltivazione e commercializzazione della sua uva: l’Ansonaca (detta alla gigliese maniera) o Ansonica (detta alla maniera del continente) L’Ansonaca, infatti, non veniva utilizzata solamente per produrre il vino, tipico: l’Ansonaco; ma veniva commerciata nel continente per imbandire le tavole delle vicine città costiere.

L’antico vitigno, di origini mediorientali, fu introdotto sull’isola dai romani, quelli antichi, circa 2000 anni fa e qui vi si adattò bene, cogliendo dell’isola il carattere aspro e robusto ed anche, a volte, un po’ scorbutico (caratteristico di tutti gli isolani che siano questi, animali, piante o uomini o donne o umin* e donn* esser* uman*, insomm*). Il vitigno riesce, infatti, a sopportare le grandi siccità estive e a resistere ai venti salmastri che sono allo stesso tempo, pericolo e risorsa. Da questo vitigno aspro e robusto ed un po’ scorbutico nasce un vino a sua volta, aspro, robusto e scorbutico che nelle sue versioni più artigianali ed antiche raggiunge fino ai 17 o 18 gradi alcoolici. Camminando tra i sentieri in mezzo alla macchia mediterranea capita spesso di imbattersi nelle piante di vite, ora abbandonate, ma un tempo parte di vigne coltivate dall’uomo. La cosa più sorprendente è che, spesso queste viti, anche senza l’azione antropica sono ancora in grado di produrre i loro frutto. L’Ansonica è l’unico vitigno che anche dopo 100/150 anni dall’abbandono da parte dell’uomo continua a fruttificare. Un miracolo, insomma, realizzato grazie all’umidità proveniente dal terreno.

Al Giglio la vite cresceva, e tutt’ora cresce sulle “greppe”, dei terrazzamenti realizzati mano fatti di muri a secco, poi riempiti di terra, dall’alto verso il basso a mano con le zappe. La coltivazione veniva e viene fatta anche questa tutta a mano e così anche la vendemmia che inizia i primi di settembre e continua per tutto il mese.

Tempo, pazienza e tanta fatica sono gli ingredienti che ci vogliono per diventare dei contadini eroici e sono gli stessi da cui solitamente nascono le cose buone.

Pare che una tempo, fino alla fine del 1670, i contadini organizzassero al termine della vendemmia una gare in cui si decideva chi avesse coltivato per quell’anno l’uva più bella e che l’isola dato l’elevato numero di vitigni venisse chiama “l’isola verde”.

Durante la prima metà del ‘900 i cambiamenti globali, economici, il progresso tecnologico hanno messo a repentaglio l’esistenza di questa attività. Fino infatti ai primi anni 2000, erano pochi e molto anziani, i contadini rimasti ancora dediti a questa antica pratica alcuni dei quali si recavano ancora alle vigne in groppa ai propri asinelli. E poi il turismo era ormai diventato l’indotto principale dell’isola ed aveva spazzato via, ogni speranza di una possibile ripresa dell’agricoltura. Ma il turismo così come ha tolto, ha dato, nell’evolversi del tempo, dei gusti e delle abitudini di viaggio, la possibilità all’agricoltura di rinascere. Grazie, infatti, alla lungimiranza, alla passione e all’amore per la terra, di alcuni nuovi agricoltori, la coltivazione della vite è ripresa, così come è ripresa la produzione del vino Ansonaco, oggi commercializzato da circa 10 piccole cantine diverse, tutte “residenti” sull’isola. Con una sua etichetta ufficiale, con un gusto più raffinato, ma sempre fedele all’originale, con una gradazione un po’ più bassa, 13 gradi circa, l’Ansonaco è tornato ad essere protagonista dell’economia locale, un motivo per tornare a vivere al Giglio per alcuni, il motivo per trasferircisi di altri. Sicuramente, da sempre sia che sia bevuto in cantina, al ristorante, in una degustazione in vigna, a Scopeto durante una scampagnata di Pasquetta oppure al bar, l’Ansonaco è un buon motivo per prendere una bella sbornia!

Caratteristiche del Vino:

Seguendo l’antica tradizione dei vignaioli isolani, il vino Ansonaco è vinificato prevalentemente con uva Ansonica alla quale viene aggiunta una piccola quantità di altre uve bianche tra le quali il procanico, la malvasia, l’empolo ed il biancone. Nelle vecchie vigne sono sempre presenti anche alcuni calzi di uva nera, tra le quali ricordiamo il granace, l’uva corbolana e l’aleatico che, aggiunte alle altre, conferiscono al vino aromi e profumi particolari. La ricetta antica prevedeva la vinificazione in rosso, con la fermentazione del mosto sulle vinacce. Questo processo conferiva all’Ansonaco il suo caratteristico colore ambrato o “Orange” per i più giovani e alla moda.

Tipo di Vino: bianco (Orange Wine)

Gradazione Alcolica: tra i 13% e 15 %

Età della Vigna: solitamente le viti hanno tra i 60 e gli 80 anni

Degustazione:

Colore ambrato profondo, molto limpido. Profumo sottile, piacevole, di fiori e miele di macchia. In bocca, robusto, gustoso, con noti di mela, corbezzolo, albicocca. Sapore asciutto e morbido di buona struttura e persistente gusto olfattiva.

Accompagnamento:

Ideale per piatti di pesce, formaggi, tutti i volatili, salami, arrosti, carcio, erbe di campo. Servire a 15-16°, stappando la bottiglia almeno 30 minuti prima della mescita.

Dove acquistarlo.

Sull’isola si può trovare nei negozi di alimentari, al ristorante, nei piccoli negozietti di prodotti tipici, direttamente dei produttori locali, anche On Line dai loro siti. Alcuni bar e alimentari vendono sia il vino in bottiglia che quello sfuso del “contadino”, i quali contadini si sentono ognuno a modo suo, gli unici veri produttori del vero vino del Giglio, quello “bono” , fatto alla vera maniera gigliese: senza etichetta, prima di tutto.