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Le leggende su San Mamiliano

Le leggende che riguardano il santo più famoso e amato dell’Isola del Giglio, nonché di tutto l’Arcipelago Toscano prendono spunto dalle sue Passioni in particolare dalla Passio Santiae la fonte più antica che intreccia le vicende di Mamiliano con quelle di Senzio un’altro santo di queste zone. Le vicende raccontate in queste fonti prendono a loro volta spunto e mischiano le vicende di due Mamiliani, uno vissuto nel 300 d.C., ed uno vissuto nel 400 d.C.. Da qui in avanti ci riferiremo al Mamiliano del 400 d.C. Sempre tenendo a mente che i fatti, gli eventi ed i personaggi si intrecciano.

Passio Santiae

Siamo all’epoca dell’imperatore Costanzo, quando dilaga l’eresia ariana, tale eresia nata dal teologo Ario, il quale sosteneva che che “il Figlio di Dio sia un essere che partecipa della natura di Dio Padre, ma in modo inferiore e derivato, e che pertanto c’è stato un tempo in cui il Verbo di Dio ancora non esisteva e che egli sia stato creato da Dio all’inizio del tempo.” fu condannata dalla chiesa e poi da Dio il quale inviò il re vandalo Genserico, dalle sponde dell’Africa settentrionale a punire gli eretici. I vandali dovete sapere, erano gli unici barbari a saper navigare! Il vandalo semina rovine e terrore in tutta l’Italia centro meridionale e torna a casa con un ricco bottino fatto di denari, beni di consumo e schiavi. Tra questi vi sono anche Mamiliano e Senzio, due sacerdoti monaci. Grazie a Dio e alle preghiere a lui  rivolte, i santi riescono a fuggire salpando su di una barca alla volta della Sardegna e successivamente di Piombino. Qui subito le popolazioni locali si affezionano ai due monaci e vorrebbero che questi restassero con loro, anche a forza se serve! Così Mamiliano e Senzio fuggono di nuovo, questa volta dai propri devoti diretti all’ Isola disabitata di Montegiove, approdano invece all’isola di Turaria (forse Capraia) dove qualche tempo dopo arriva un’imbarcazione che si rifiuta di portarli a Montegiove perché troppo poveri. La barca riparte ma una furiosa tempesta la costringe a tornare indietro e così l’equipaggio si convince di dare un passaggio ai due poveri monaci fino a Montegiove. Scesi sulla scogliosa isola i due, subito come nelle migliori tradizioni missionarie, la ribattezzano in “Montecristo” e Mamiliano dopo poco tempo scala la montagna più alta, arrivando sino alla vetta. Qui incontra uno spaventoso drago di enorme grandezza, il quale una volta sconfitto, muore ucciso dal bastone del futuro santo e precipita in mare. Una freschissima sorgente d’acqua erompe dal luogo della sua uccisione. Diffusasi la notizia dalle isole vicine iniziano ad arrivare imbarcazioni colme di devoti i quali, grazie all’intercessione di Mamiliano ottengono da Dio grazie e guarigioni. Nel frattempo un’oscura predizione rivela a Mamiliano che al momento della sua morte una nuvola si eleverà sulla vetta può alta e quella sarà il segnale per le isole di accorrere presto a recuperare la salma.
I primi ad avvistare la nuvola furono i Gigliesi che trasportano il corpo all’Isola del Giglio e qui Senzio da sepoltura al corpo. Numerosi prodigi iniziano al Giglio come conseguenza della sepoltura.

Ma leggenda vuole che non tutto il corpo di Mamiliano fosse sepolto al Giglio, bensì pare che alla comparsa della nuvola in cima al monte, accorsero per primi i gigliesi, ma subito appresso anche Elbani e Corsi i quali trovatisi lì tutti insieme iniziarono a litigarsi il corpo e tira da una parte e tira dall’altra, tira che ti ritira il corpo si ruppe in diversi pezzettini ed ognuno porto con sé una parte.

Così oggi, nella Chiesa di San Pietro Apostolo di Giglio Castello è custodita la reliquia di un braccio, un altro è custodito a Marina di Campo, all’Isola d’Elba dove vi è anche situata la chiesina di San Mamiliano centro di culto dei fedeli. Qui il santo vien festeggiato il 13 settembre anziché il 15 come avviene al Giglio.

San Mamiliano dei Turchi

Un’altra leggenda vuole che San Mamiliano aiuto i gigliesi nella grande impresa del 18 novembre del 1799 a liberare l’isola da un attacco dei turchi pirati saraceni che apparvero con 7 sciabecchi e 2000 uomini alla baia del Campese.
Mentre dalla torre medicea, avamposto di controllo della baia, non fu sparata neanche una cannonata, sulle mura di Giglio Castello, Mamiliano fece apparire centinaia, migliaia di soldati armati che spaventarono i pirati, i quali già mezzi ubriachi a causa dell’ Ansonaco rubato dai vigneti, durante la salita al Castello, si ritirarono per sempre dall’isola.

Fu quella l’ultima incursione, dopodiché il Mediterraneo fu definitivamente liberato dai saraceni ed il 18 novembre è ancora una ricorrenza importante per Giglio Castello: “ San Mamiliano dei Turchi” ed anche per tutta l’isola.